..RIPERCORRENDO LA VITA DI TITTY
Finalmente è arrivato per Titty questo importante momento, un momento che può essere meglio racchiuso nel concetto di “fine di un faticoso ma riuscito percorso”. Proprio così, dopo molti anni Titty ha salutato i dottori e i compagni che lo hanno aiutato durante questa impresa molto ardua, sia per noi che per lui stesso.
Per questo motivo mi sono sentita di offrirgli il mio aiuto nello scrivere le sue considerazioni di fine della cura, rivolte a tutti coloro che l’hanno seguito nel momento in cui credeva che la sostanza fosse la soluzione a tutti i suoi problemi.
Gli ho quindi proposto di fare una specie di “intervista” che potesse aiutare lui ma anche me a capire meglio questa sua malattia. Attraverso questo piccolo “interrogatorio”, durato un’intera mattinata, ho potuto scoprire alcuni suoi aspetti che prima d’ora non avevo mai preso in considerazione.
Per prima cosa ho pensato alle possibili domande che avrei potuto rivolgere a Titty e mi sono concentrata su quelle che avrebbero potuto dirmi qualcosa in più rispetto alla sua vita prima del ricovero alle Betulle.
Titty, a quanti anni hai iniziato a bere?
“Bèh, avevo circa 10 anni”.
A questo proposito mi sono incuriosita ulteriormente e gli ho detto che, a parer mio, è stato molto presto. Immaginavo mio fratello Matteo, che a dicembre compirà 10 anni, mentre assumeva la sostanza e il solo pensiero mi ha lasciata molto perplessa.
Titty si è accorto della mia faccia quasi allibita e mi ha detto, quasi a volermi rassicurare, “ma bevevo perché in casa mia c’erano molte feste, ci riunivamo con i cugini e così una volta decisi di assaggiare il mio primo bicchiere di vino”.
Questo chiarimento non ha migliorato molto la situazione: non mi sembrava una “scusa” plausibile, perché i miei genitori mai mi avrebbero permesso di bere a 10 anni, essendo ancora molto piccola. Ad ogni modo, questa è solo una mia piccola costatazione!
Ti è piaciuto assaggiare quel bicchiere di vino assieme ai tuoi cugini?
“Assolutamente si e comunque non lo percepivo come un pericolo, piuttosto come un modo per condividere qualcosa alle feste”. Anche qui sono rimasta stupita: la prima volta che assaggiai la sostanza la sputai immediatamente perché aveva un sapore strano e forte, insomma, diverso rispetto alle solite bevande che usavo bere quotidianamente, coca cola, sprite, ecc.. Non credo di essere stata l’unica ad averla pensata in questa maniera: molti bambini rimangono delusi e schifati nel provare una bevanda che i genitori sono soliti bere ma che vorrebbero provare per curiosità!
Quando poi sei cresciuto, che rapporto si è creato con la sostanza?
“Mi piaceva molto ed ero solito bere con la mia compagnia di amici. A quel tempo non cercavo spontaneamente la sostanza, la assumevo solo se c’era, altrimenti potevo anche farne a meno. Comunque bevevo se ne avevo l’opportunità, perché potevo reggerla bene. Forse se non fossi stato in grado di reggerla, le cose sarebbero andate diversamente”.
A questo punto mi sono rassicurata; le cose non erano così gravi quando era molto giovane, ma purtroppo…
E allora cosa è cambiato?
“ Con il tempo mi accorsi che qualcosa era cambiato, che io ero cambiato: l’atto di bere era diventato la mia attività prediletta, rappresentava la mia normalità. L’essere fuori di testa era la mia normalità. Non era normalità l’essere sobrio”.
Qui ho capito benissimo che la questione iniziava a farsi veramente seria. Titty pensava di sentirsi normale e di stare realmente bene solamente nel momento in cui era “fuori di testa”, per usare una sua espressione. Penso che a quel tempo non desse molta importanza a tutto questo, perché anche i suoi amici facevano le stesse identiche cose e la pensavano esattamente come lui.
Hai avuto problemi anche con altre sostanze?
“Sì, con la cocaina. Ma era molto diverso, perché quella riuscivo a gestirla, cosa che non accadeva assolutamente con l’alcol. Era lui a controllarmi”.
Si scoprono molte cose, non credevo che Titty facesse uso di altre sostanze, ma apprezzo molto la sua sincerità!
La mamma ha mai notato che c’era qualcosa che non andava?
“All’inizio no, ero molto bravo a nascondere tutto. Quando iniziai a peggiorare fu lei stessa a chiedermi di smettere e io non la presi molto bene, tanto da metterle le mani attorno al collo. Una cosa di cui mi pentirò sempre”.
Penso che questa sia la cosa che più mi ha colpita. Non avevo mai visto Titty sotto questo punto di vista e sapere che aveva osato mettere le mani addosso a mia mamma devo dire che mi ha innervosita parecchio. Per questo gli ho detto che il gesto che ha fatto non è sicuramente perdonabile, ma siamo fiere del fatto che ora sia riuscito a recuperare tramite la terapia e la guarigione dalla sua dipendenza.
Ho provato anche dolore a pensare come la sostanza lo portava a fare cose che non avrebbe mai fatto da lucido.
Quando è nato Matteo le cose sono cambiate?
“Purtroppo no. Ogni scusa era buona per assumere la sostanza, anche quando aprivo il frigorifero per prendere il latte del bambino. Mi alzavo di notte per bere di nascosto e se sapevo che avrei dovuto affrontare un lungo viaggio, mi chiedevo come avrei potuto resistere diverse ore senza bere. Quello era il mio unico problema, mi sentivo schiavo di quella maledetta sostanza. Ogni occasione mi faceva trovare un valido motivo per bere. Anche quando nacque tuo fratello, infatti, andai a trovarlo in ospedale ubriaco e tua mamma si arrabbiò parecchio”.
Anche qui ho provato una gran rabbia: ma com’è possibile che la nascita di mio fratello non gli abbia fatto cambiare idea? Com’è possibile che neppure la gioia della nascita abbia potuto sostituire la sostanza? Perché questo è così maledettamente difficile da capire per noi familiari? Per Titty sembrava tutto semplice: l’unica cosa che lo appagava davvero era l’alcol e non temeva nemmeno di far male a Matteo se avesse bevuto in quantità esagerate. Sotto questo aspetto mi ritengo fortunata, nel senso che quando è accaduto tutto questo ero molto piccola e non potevo capire la gravità della situazione, altrimenti mi sarei spaventata e non mi sarei più fidata di Titty.
Grazie a queste domande ho potuto davvero comprendere quanto Titty fosse in difficoltà e quanto la situazione fosse veramente seria! Titty non era più padrone di se stesso, era schiavo dell’alcol in tutto e per tutto.
Per questi motivi credo che un grazie alle Betulle non sarà mai sufficiente. Senza questo centro, io lo definisco “miracoloso”, forse Titty non sarebbe qui con noi oggi. Ringrazio i dottori che non si sono mai scoraggiati nell’aiutarlo, hanno resistito anche se a volte Titty può essere davvero una persona testarda J. E infine, ringrazio tanto la mia mamma che ha avuto il coraggio, quel coraggio, che solo una persona che ama davvero può avere, di portarlo da quei magnifici Dottori, Dottori con la “D” maiuscola e che non smetterò mai di ringraziare!